Nota stampa 28-11-2017

A seguito di notizie uscite sulla stampa negli ultimi giorni i Laboratori Nazionali del Gran Sasso precisano alcuni punti: non c’è stato difetto di istruttoria da parte dei Laboratori del Gran Sasso.

La richiesta di autorizzazione all'utilizzo della sorgente radioattiva è stata presentata seguendo le istruzioni di tale procedura, in particolare quella di fornire indicazione precisa del luogo ospitante la sorgente presso i Laboratori sotterranei del Gran Sasso. Questo è stato fatto con dettaglio e chiarezza. La procedura prevede poi il coinvolgimento delle altre Amministrazioni per valutare se l'istanza si pone in contrasto con altri interessi che possono precludere l'autorizzazione, o condizionarla con riserve o prescrizioni. Non c’è quindi alcun difetto di istruttoria imputabile ai Laboratori del Gran Sasso.
Il paragone con Fukushima
Il confronto, o anche la semplice associazione di idee, tra il disastro di Fukushima e l’esperimento SOX non si fonda su argomenti concreti né realistici, ed è un’operazione mediatica scorretta che ha come effetto quello di diffondere tra le persone uno stato di ingiustificato allarme.


•    A SOX non possono essere associati i rischi connessi a una centrale nucleare perché non è un reattore nucleare, e non può esplodere, neppure a seguito di azioni deliberate, errori umani o calamità naturali.
•    La sorgente di SOX è una sorgente, sigillata, come quelle che vengono usate, sia pure con una diversa potenza e differenti finalità, negli ospedali delle nostre città per eseguire esami diagnostici e terapie.
•    Una sorgente come quella di SOX non dipende da alcun sistema di controllo attivo (sia esso elettronico, meccanico o idraulico), e non può quindi in nessun caso "guastarsi" o “andare fuori controllo”.
•    SOX si basa su una sorgente che decade spontaneamente costituita da circa 40 grammi di polvere di Cerio 144, con una radioattività - al massimo - di 5,5 PBq.
•    La potenza termica della sorgente di SOX non è paragonabile a quella di una centrale nucleare. La sorgente di SOX ha la potenza termica di un ferro da stiro, 1200 Watt, contro 1.000.000.000 di Watt di un reattore.
•    La polvere di Cerio 144 di SOX è sigillata in una doppia capsula di acciaio, che a sua volta è chiusa all’interno di un contenitore di tungsteno dello spessore di 19 centimetri, del peso di 2,4 tonnellate, realizzato appositamente per SOX con requisiti più alti rispetto agli standard di sicurezza richiesti, e in grado di resistere fino a 1500 °C.
•    Il contenitore di tungsteno è resistente a impatto, incendio, allagamento e terremoto, secondo studi rigorosi che sono stati svolti come previsto dalla legge e verificati dalle autorità competenti.
•    La sorgente dell’esperimento SOX, per il quale si è seguito con rigore tutto l’iter di autorizzazione previsto per legge per il suo impiego, rimarrà nei Laboratori il tempo necessario allo svolgimento dell’esperimento, cioè 18 mesi, dopodiché sarà riconsegnata all’Istituto francese che ne è proprietario. I Laboratori del Gran Sasso sono un’infrastruttura di ricerca. La presenza nei Laboratori di sostanze radioattive è legata alle attività in corso, durante le quali sono costantemente gestite in sicurezza.

Che cos’è accaduto ad agosto 2016
Parlare di “incidente” e “fuorisciuta di diclorometano” in riferimento all’evento che si è verificato nell’agosto 2016 è improprio. In quell’occasione è stata rilevata nell’acqua una concentrazione di diclorometano (DCM, un comune solvente) pari a 0,335 microgrammi/litro, e le analisi della AUSL l'hanno segnalata come un’anomalia. Tuttavia, questa concentrazione non ha rappresentato assolutamente una criticità: l'Organizzazione Mondiale della Sanità per le acque potabili raccomanda un limite di 20 microgrammi/litro. Questo raffronto dimostra che ci si è trovati di fronte a valori ben al di sotto dei limiti: 60 volte inferiori. La sostanza, sebbene in concentrazioni notevolmente inferiori ai valori limite, è stata efficacemente rilevata dal sistema di monitoraggio delle acque, e di conseguenza si è adottata una corretta scelta precauzionale che ha determinato la “messa a scarico” delle acque. Dunque, le concentrazioni estremamente basse di DCM non hanno determinato alcuna contaminazione. L’acqua potabile immessa in rete in quei giorni non ha mai rappresentato un pericolo per la salute pubblica. In quei giorni erano in corso nei Laboratori operazioni di pulitura con diclorometano di alcuni cristalli di un esperimento, operazioni che erano già state condotte in precedenza seguendo gli stessi protocolli, e che non avevano mai portato alla presenza di diclorometano nelle acque.

L’episodio di maggio 2017
I Laboratori vogliono anche ribadire la loro estraneità rispetto a un episodio verificatosi nel maggio 2017 quando, a seguito di una disposizione del SIAN dell’AUSL di Teramo, il 9 maggio è stata dichiarata la sospensione dell’uso a fini potabili delle acque in uscita dal Traforo del Gran Sasso, a seguito dei prelievi effettuati il giorno 8 maggio che ne rilevavano la non conformità per odore e sapore. In quei giorni l’acqua captata nell’area dei Laboratori non veniva immessa nell’acquedotto. È quindi impossibile che questo episodio sia da ricondurre alle attività dei Laboratori e nessuna responsabilità si può quindi imputare ai Laboratori. Oltretutto, dai monitoraggi costantemente eseguiti durante quei giorni dai Laboratori, le acque di scarico in uscita sono sempre risultate pulite e assolutamente conformi ai requisiti previsti per le acque potabili.