Fisica della materia condensata, importanti risultati per lo sviluppo di PTOLEMY

Importanti risultati sono stati ottenuti nel campo della fisica della materia condensata, grazie ad uno studio effettuato nell’ambito delle attività di R&D volte a portare avanti lo sviluppo di PTOLEMY, un progetto in cui i Laboratori Nazionali del Gran Sasso sono uno dei gruppi fondatori e che ha come obiettivo la rivelazione dei neutrini del fondo cosmologico.

Il disegno concettuale del rivelatore PTOLEMY ha tra le sue tecnologie necessarie quella di un immagazzinamento efficiente del trizio, un isotopo dell’idrogeno, su strati di grafene per permettere l’accumulo di grammi di trizio in volumi di spazio molto contenuti (dell’ordine di qualche metro cubo) laddove, allo stato gassoso, ci sarebbe bisogno di volumi troppo grandi per tenerlo alla pressione utile per l’esperimento.

Pertanto, un gruppo di ricercatori collegato al progetto PTOLEMY, dell'Università di Roma "La Sapienza", coordinato dalla Prof.ssa Maria Grazia Betti e dal Prof. Carlo Mariani, del laboratorio di luce di sincrotrone Soleil (Parigi) e dell'Università di Modena, ha condotto uno studio che ha recentemente dimostrato la possibilità tecnica di ottenere un nuovo materiale a base di carbonio e idrogeno. Un risultato che ha una rilevanza storica nel processo di immagazzinamento di atomi di idrogeno e dei suoi isotopi su strati monoatomici di carbonio in reticolo bidimensionale (2D), più noti come grafene. I dati di questa sperimentazione sono riportati nell’articolo “Gap Opening in Double-Sided Highly Hydrogenated Free-Standing Graphene” pubblicato sulla rivista internazionale Nano Letters e, nonostante siano stati ottenuti con l’idrogeno, sono direttamente riportabili al caso del trizio.


Al fine di chiarire quanto detto, si consideri il grafene come un foglio contenente un singolo stato di atomi di carbonio. È stato ottenuto che il 90% di questi atomi si è legato in modo covalente
a un atomo di idrogeno: fino ad oggi questa percentuale non superava il 40%. L’importanza del risultato sta nel fatto che il grafene, che ha le proprietà di un metallo nel caso in cui gli atomi di carbonio sono liberi, si trasforma sempre più in un semiconduttore man mano che gli atomi di carbonio si legano ad un atomo di idrogeno fino a quando, raggiunto il 100%, le bande di valenza e di conduzione si separano per dar luogo ad uno stato di semiconduttore. In questo caso il grafene prende il nome di grafane, che corrisponde ad uno stato previsto dalle teorie ma non ancora osservato. In tali strutture gli atomi di idrogeno e dei suoi isotopi risultano più fortemente e stabilmente legati al carbonio e per rompere tali legami bisogna portare tutto il sistema a temperature superiori ai 600 °C.

Questo risultato ha implicazioni innovative in un gran numero di applicazioni come, ad esempio, nella tecnologia della fusione nucleare, nello sviluppo dei meccanismi di assorbimento e rilascio di trizio, nonché nello sviluppo di potenziali nuovi supporti solidi per l'immagazzinamento di idrogeno, e dei suoi isotopi, ad alta densità e capacità, di interesse nel campo delle celle ad idrogeno.

 

 

 

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REIS - 28.7.2022