XENON100 accorcia le distanze nella ricerca della materia oscura

Xenon

Nuovi risultati ottenuti dalla collaborazione internazionale dell’esperimento XENON100, in funzione ai Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), mettono in discussione per la prima volta una varietà di modelli finora accreditati

come possibili spiegazioni della materia oscura. Tra i modelli esclusi da XENON100, anche parte di quelli ipotizzati per spiegare il segnale rivelato per la prima volta nel 1998 e poi confermato negli anni successivi, ai Laboratori del Gran Sasso, dall’esperimento DAMA/LIBRA (DArk MAtter/Large sodium Iodide Bulk for RAre processes), e interpretato, come segnale di particelle di materia oscura. Lo studio e i risultati ottenuti da XENON100 sono in corso di pubblicazione sulla rivista Science e su Physical Review Letters.

“Continua la caccia alla sfuggente materia oscura con questo strumento che permetterà l'esplorazione di regioni prima inaccessibili. I laboratori del Gran Sasso dell'INFN si confermano il luogo privilegiato per questo tipo di ricerche.”, è il commento di Fernando Ferroni, presidente dell’INFN.

L’informazione mancante per confermare l’attuale immagine del Cosmo, nel quale la materia conosciuta è solo una piccola parte, è attesa dalla rivelazione diretta delle particelle che si ritiene compongano la materia oscura. Questa ricerca è resa possibile dal fatto che le particelle di materia oscura, abbondanti nella nostra galassia, possono occasionalmente colpire gli atomi dei materiali rivelatori e depositare parte della loro energia.

Tuttavia, i segnali di materia oscura sono molto difficili da rivelare, perché molto deboli ed elusivi e possono essere facilmente confusi con segnali simili ma di diversa origine. La capacità di XENON100 di minimizzare il rumore dovuto alla radioattività ambientale e ad altri fenomeni, consente di esaminare ogni singolo evento, estendendo così la ricerca di materia oscura a regioni di energia e a forme di interazione sinora inaccessibili. Proprio la capacità di abbracciare una moltitudine di caratteristiche possibili per le particelle di materia oscura rende XENON100 uno strumento straordinario, in quanto nessuno sa che cosa sia la materia oscura, né come interagisca con la materia ordinaria ed è quindi indispensabile poter valutare la gran parte delle ipotesi ammissibili. Ad oggi, l'esperimento XENON100 non ha rilevato particelle di materia oscura, ma le caratteristiche dimostrate dal rivelatore sono molto promettenti. L'elevata sensibilità mostrata nei risultati sperimentali consentirà al gruppo di ricerca internazionale di estendere la ricerca di materia oscura anche ad altre forme, fino a oggi escluse.

Secondo i modelli teorici più accreditati, il vento di particelle prodotto dal movimento della Terra nell’alone galattico di materia oscura può occasionalmente colpire i nuclei atomici di un materiale rivelatore, depositando una piccola quantità di energia che solo uno strumento di grande sensibilità consente di osservare. Sebbene non siano ancora state fatte osservazioni di questo tipo, nel 1998 ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, l’esperimento DAMA/LIBRA, che coinvolge una grande componente di ricercatori italiani, ha annunciato la rivelazione di materia oscura con un apparato sperimentale costituito da cristalli di Ioduro di Sodio; un risultato che ha ottenuto convincenti conferme nel corso dei 15 anni successivi di presa dati da parte di DAMA/LIBRA.Il segnale rivelato da DAMA/LIBRA presenta la modulazione stagionale che è effettivamente attesa per la materia oscura, in quanto la Terra, orbitando intorno al Sole, attraversa l’alone di materia oscura che avvolge la Via Lattea, a una velocità diversa a seconda delle stagioni. Altri esperimenti dedicati alla ricerca di materia oscura, tuttavia, non hanno rilevato lo stesso segnale. Una spiegazione possibile di questo disaccordo è stata offerta dai ricercatori di DAMA/LIBRA ipotizzando che la materia oscura sia "leptofilica" - preferisca cioè interagire con gli elettroni (leptoni, in base alla classificazione delle particelle) anziché con i nuclei atomici - e che gli esperimenti che non osservavano lo stesso segnale non siano sufficientemente sensibili a questo tipo di interazione.

Per verificare questa ipotesi, gli scienziati della collaborazione XENON hanno sviluppato una nuova tecnica di analisi dei dati raccolti da XENON100, cercando, per la prima volta, interazioni di materia oscura con gli elettroni degli orbitali atomici dello Xenon. Questo è stato possibile grazie alla capacità del rivelatore di distinguere le interazioni con i nuclei atomici da quelle con gli elettroni, e grazie a un livello di rumore di fondo estremamente basso. Se la materia oscura avesse interazioni di tipo "leptofilico", XENON100 dovrebbe evidenziare un segnale molto chiaro, che tuttavia non si osserva. Questo consente di escludere un certo numero di modelli di interazione "leptofilica" della materia oscura con la materia ordinaria, che avrebbero spiegato il fenomeno di modulazione osservato da DAMA/LIBRA.

D'altra parte, l’evidenza più che decennale di una variazione stagionale del segnale osservato da DAMA/LIBRA non ha trovato finora una spiegazione diversa dall'esistenza di materia oscura. Il risultato ottenuto da XENON100 spinge quindi a un forte ampliamento dell’usuale orizzonte di ricerca in questo campo.

Allo scopo di estendere ulteriormente le possibilità d’indagine dell’esperimento, questo autunno la Collaborazione completerà un rivelatore di nuova generazione chiamato XENON1T, 20 volte più grande e progettato per essere 100 volte più sensibile rispetto XENON100.

"Dall'analisi dei dati di XENON100, sappiamo ancora di più su ciò che la materia oscura non è, che è un'informazione molto importante nel campo della fisica delle particelle", dice Elena Aprile, della Columbia University, fondatrice e responsabile della collaborazione internazionale che ha dato vita all'esperimento. “Abbiamo escluso i modelli nei quali le interazioni tra la materia oscura e quella ordinaria erano più forti, e con il rilevatore XENON1T potremo testare i modelli nei quali si prevedono interazioni più deboli. Siamo in grado di catturare anche il più flebile indizio di materia oscura. Se questo è il posto giusto per cercare la firma della materia oscura, dovremmo poterla vedere.”

Il gruppo italiano, rappresentato da Gabriella Sartorelli, dell'Università e Sezione INFN di Bologna, insieme al gruppo dei LNGS e la Sezione INFN di Torino, partecipa al progetto XENON da diversi anni e, oltre a contribuire a presa dati, analisi dati e simulazioni Montecarlo di XENON100 ha contribuito in modo considerevole alla progettazione e realizzazione di XENON1T, con responsabilità specifiche nella progettazione e realizzazione di tutte le infrastrutture dell’esperimento, del sistema di schermo di acqua e foto-rivelatori oltre che nella simulazione Montecarlo dell'apparato e delle particelle che possono attraversarlo, potente strumento proprio per studiare e quindi eliminare segnali di fondo. L’inizio della presa dati di XENON1T è previsto per la fine dell’anno e ci sono tutte le premesse per verificare altri modelli di materia oscura, ma soprattutto di vederla.

L’esperimento

XENON100. In funzione dall’ottobre 2009, l’esperimento utilizza circa 160 chilogrammi di gas Xenon mantenuto liquido, in un contenitore di acciaio inox, alla temperatura di 90gradi sotto lo zero. Rivelatori di luce sensibilissimi (chiamati fotomoltiplicatori), immersi nel gas liquefatto, sono in grado di rivelare anche i minimi segnali di luce derivanti dai deboli urti delle particelle di materia oscura con i nuclei di Xenon. Con una tecnica particolare è possibile distinguere questi segnali da altri causati dalla radioattività ambientale. Proprio per ridurre al minimo questa fonte di "rumore", XENON100 si trova nei laboratori INFN, sotto i 1400 metri di roccia del Monte Aquila, nel Parco Nazionale del Gran Sasso. Questo strato di roccia consente di ridurre, assorbendolo, il flusso della radiazione cosmica di un milione di volte. Tuttavia, ciò non è ancora sufficiente per raggiungere la sensibilità richiesta da un esperimento di questo tipo. XENON100 è pertanto ulteriormente schermato da strati di piombo, polietilene e rame, e tutti i materiali scelti per la sua costruzione sono stati accuratamente selezionati per minimizzarne la radioattività. L'esperimento è condotto da una collaborazione internazionale di 120 scienziati provenienti da 22 istituzioni di tutto il mondo.

XENON1T è un rivelatore di nuova generazione, progettato per essere 100 volte più sensibile rispetto all’attuale XENON100. Avrà dimensioni 20 volte maggiori e comprenderà una serie di miglioramenti tecnologici. La sua costruzione, attualmente in corso ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, sarà completata entro la fine del 2015.

XENON1T potrà contare anche su uno schermo di acqua contenuto in un cilindro di circa 10 m di diametro e 10 m di altezza ed equipaggiato con rivelatori di luce che segnalano la presenza di particelle nelle vicinanze del rivelatore di materia oscura. Tale schermo serve per ridurre ulteriormente i segnali di fondo e permettere a XENON1T di raggiungere l'elevata sensibilità, anche per segnali molto deboli, necessaria per esplorare le regioni dove il segnale della materia oscura è più debole ed essere pronti a cogliere anche il segnale più flebile di materia oscura.

La Materia Oscura

L’esistenza della materia oscura è stata ipotizzata in seguito a diverse osservazioni di carattere cosmologico, che indicano che la materia ordinaria costituisce solamente una minima parte della massa dell'Universo. L’83% di tutta la materia presente nel Cosmo sarebbe composto da una forma sconosciuta e non ancora osservata di materia, che non emettendo alcuna radiazione risulta invisibile. La materia oscura è considerata responsabile della forza gravitazionale che tiene insieme la Via Lattea: stelle e pianeti si allontanerebbero gli uni dalle altre se non fosse per l'attrazione gravitazionale che li attira gli uni agli altri e la materia ordinaria non è sufficiente a giustificare un’attrazione di questa portata.

Una possibile spiegazione, favorita anche da plausibili estensioni dell'attuale 'modello standard' delle particelle elementari, è che la materia oscura sia costituita da particelle, le WIMP (Weakly Interacting Massive Particles, in italiano “particelle massive debolmente interagenti”), distribuite in un enorme alone che avvolge la nostra galassia.